La direttiva stabilisce che i paesi membri, entro il 2050, dovranno definire dei piani per avere un patrimonio edilizio a zero emissioni.
Nello specifico, si dovrà realizzare un taglio del 16% entro il 2030, del 20-22% entro il 2035 per poi arrivare a zero emissioni entro il 2050.
I paesi potranno decidere su quali edifici concentrarsi. L’unico vincolo sarà garantire che almeno il 55% della riduzione del consumo medio
di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le peggiori prestazioni energetiche.
In Italia sarà un impegno importante vista la composizione del patrimonio immobiliare.
Ricordiamoci che in Italia abbiamo circa 21,5 milioni abitazioni in classe G e F.
Non sarà semplicissimo spostarle in classi superiori. Questo sia per le risorse necessarie a completare gli interventi, sia per la gestione degli stessi da parte delle imprese edilizie operanti attualmente in Italia.
Se volessimo fare un esempio sui soli immobili in classe G (circa 12 milioni), significa che entro il 2030 andrebbero ristrutturati circa 1,92 milioni di immobili, cioè 320.000 all’anno.
Nel frattempo, i dati rappresentati da alcune indagini sul mercato immobiliare ci dicono che i valori delle case in classe energetica A e B
hanno registrato un aumento del 14,3%, mentre quelle in G e F sono diminuiti del 4,8%.
Il recente Osservatorio del Mercato Immobiliare delle Agenzie delle entrate ci dice che il calo delle compravendite dell’usato è inferiore a quello
delle nuove costruzioni. Questo vuol dire una sola cosa: l’acquirente italiano indirizza la sua ricerca ancora sull’acquisto di case usate.
Personalmente penso che in questo contesto, oltre ad interventi strutturati da parte di altri attori, diventi molto importante il ruolo dei Consulenti (immobiliari e creditizi) che in modo sempre più competente, serio e professionale dovranno accompagnare i clienti a fare scelte consapevoli
ed informate.
Magari sono l’unico a pensarla così o a fare le riflessioni che vi ho condiviso.
Voi cosa ne pensate?
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